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RESILIENZA: UNA CHIAVE PER ABILITARE L’AZIONE NELLE ORGANIZZAZIONI 2/3

Il focus di quest’articolo è il concetto di resilienza di un sistema. Nel precedente, invece, ho descritto come lo sviluppo del pensiero sistemico favorisca l’azione generativa all’interno di contesti organizzativi complessi.

 

Per permettere alle persone nelle organizzazioni di agire in modo generativo, oltre al cambio di prospettiva è fondamentale lavorare anche sul contesto, al fine di favorirne la resilienza.

 

  • Cosa significa per un contesto essere resiliente?
  • Quali sono gli aspetti su cui lavorare per migliorare la resilienza del contesto?
  • In che modo un contesto resiliente permette il passaggio dalla paralisi all’azione generativa?

 

LA RESILIENZA DEL SISTEMA

 

Nel repertorio discorsivo comune è resiliente qualcosa che non si rompe a seguito di un urto, che resiste. Qualcosa che, nonostante i cambiamenti esterni, si mantiene in vita.

 

Entrando nel concetto di resilienza in modo più specifico mi torna alla mente un concetto con il quale ben si sposa: l’autopoiesi.

 

Il concetto di autopoiesi è stato introdotto nell’ambiente della biologia negli anni ’80 del secolo scorso dagli studiosi Maturana e Varela.

 

Il termine autopoiesi è di derivazione greca e significa letteralmente fare, comporre, inventare, creare da sé, fare una cosa partendo dal nulla e in autonomia.

 

Infatti, fa riferimento proprio al processo attraverso cui un sistema attiva nuove forme di sviluppo al fine di auto-generarsi in connessione con gli altri sistemi che costituiscono il contesto di riferimento.

 

Il processo di auto-generazione o auto-produzione dei sistemi, inoltre, fa riferimento non tanto alle caratteristiche degli elementi che li costituiscono, quanto alle relazioni che riadattandosi li caratterizzano nuovamente nel complesso.

 

Come suggerisce uno dei massimi filosofi della complessità Edgar Morin, questa visione ecosistemica può essere la lente attraverso la quale si osservano i contesti sociali.

 

Considerando i contesti sociali e organizzativi come ecosistemi capaci di autoregolarsi è possibile dare nuovo significato ai cambiamenti sociali e superare le logiche meccanicistiche storicamente accettate.

 

Il risultato osservabile, quindi, sarà un contesto dinamico che reagisce in maniera organizzata, attraverso processi autopoietici, agli elementi di trasformazione.

resilienza

 

CARATTERISTICHE DI UN CONTESTO RESILIENTE

 

I contesti maggiormente resilienti mantengono tale caratteristica, rispettando alcune logiche che sono tipicamente supportate dalla teoria della complessità.

 

Una delle logiche fondamentali su cui un sistema può appoggiarsi per mantenere o sviluppare maggiore resilienza è quella dell’auto-organizzazione.

 

L’auto-organizzazione di un sistema ha origine tipicamente da una dinamica bottom up e decentralizzata la quale supera le imposizioni gerarchiche classiche.

 

Nel tentativo di fare chiarezza ti propongo un esempio, semplificato di molto, per introdurre cosa significa essere un’organizzazione resiliente e auto-organizzata nella realtà.

 

Quando un cliente reclama la difettosità di un lotto di prodotti, l’azienda fornitrice può reagire in diversi modi, ne propongo alcuni:

  • il capo area definisce esattamente quali sono le falle del prodotto dando un ordine preciso per l’azione risolutiva;
  • viene costituita una task force composta dalle persone delle diverse funzioni aziendali che hanno le competenze per contribuire alla risoluzione del problema.

 

Le soluzioni sono da ritenersi entrambe valide, ciò che le rende più o meno efficaci è l’entità del problema da risolvere.

 

L’esempio nello specifico

 

Qualora la difettosità dipendesse da una semplice falla, individuabile attraverso un’analisi condotta grazie ad una competenza tecnica, la prima modalità di azione è la più adeguata.

 

Se invece, come spesso accade, il problema si rivelasse complesso e derivante da un mal funzionamento delle dinamiche fra i vari reparti, come per esempio un errore nei tempi di attesa di un elemento fra un reparto e l’altro, allora potrebbe essere utile attivare la seconda modalità di azione.

 

Ingaggiare tutte le persone competenti per la risoluzione di questo problema permette un’attivazione coordinata di tutte le parti interessate e competenti.

 

Per esempio, i capi area si possono occupare dell’organizzazione dei lavori e del dialogo con i vertici aziendali, i tecnici degli aspetti di loro competenza e gli operai di definire e valutare l’applicabilità della soluzione nella quotidianità.

 

In questo modo la trasformazione non sarà centralizzata ma, avendo conseguenze su tutto il sistema, viene condivisa e il sistema stesso sviluppa nuove forme operative dinamiche per far fronte all’incombenza.

 

Da ciò puoi evincere come il livello di attivazione delle persone che costituiscono la rete sociale e organizzativa è più elevato rispetto all’attivazione di movimenti verticali e gerarchici.

 

L’AZIONE EMERGENTE DALLA RESILIENZA

 

Per agire in un contesto sociale e organizzativo complesso, è fondamentale comprendere e applicare alcune modalità alternative ai tipici processi analitici.

 

Questo è importante per evitare di sviluppare dei movimenti non positivi per il sistema e per garantire la capacità di mantenere un equilibrio dinamico. Quindi, per mantenere un buon grado di resilienza per il sistema.

 

Le logiche di azione di cui ti parlo sono molto diverse da quelle adatte ai contesti semplici o complicati. In questi tipi di contesti, infatti, un’azione produce un effetto certo.

 

Lo spiega in modo chiaro David Snowden attraverso il modello Cynefin.

 

Un sistema complesso, oltre a necessitare di uno sguardo sistemico, infatti richiede la sostituzione di logiche predict and control (prevedi e controlla) con logiche di sense and respond (percepisci e rispondi).

 

Per questo motivo è fondamentale osservare nel suo complesso il contesto di cui si è parte per poi attivare movimenti di azione, che rispettino le logiche di azione-reazione tipiche del sistema.

 

Una delle metodologie di azione che permette di rispettare la complessità del contesto apportando elementi di innovazione è il prototyping.

 

Questa modalità di azione prevede la progettazione di una piccola azione sul sistema che permette di raccogliere più informazioni possibili in un breve tempo.

 

Le informazioni raccolte sono utili ad affinare in modo progressivo le azioni su altre parti del sistema, per poi ampliare lo spettro e agire in maniera sistemica.

 

Un esempio di prototyping

 

Il mantra di questa modalità di azione è fail early to learn quickly (fallisci presto per imparare velocemente). In questo modo si riduce di molto il rischio che un fallimento possa impattare in modo grave su tutto il sistema.

 

Ancora una volta ti propongo un esempio, semplificato di molto.

 

Mettiamo caso che tua organizzazione si voglia implementare un sistema di leadership orizzontale basato sull’auto-organizzazione.

 

Ancora una volta ci sono varie modalità con le quali si può progettare la messa in atto di questa idea.

 

Sicuramente in questo caso progettare un cambiamento radicale da implementare dopo un tempo di medio termine porterebbe con sé una serie di rischi.

 

Per questo motivo la modalità più adatta è lo sviluppo di prototipi di team auto-organizzati.

 

In questo modo è possibile fare delle osservazioni sulle reazioni del sistema, sui punti di forza, i successi, i punti di debolezza e i fallimenti.

 

Una volta avviata l’osservazione, in un secondo momento si possono sviluppare strategie di amplificazione dei successi o di recupero dei i fallimenti.

 

Il prototyping è applicabile solo in un contesto pronto ad accogliere l’errore e a trarre da esso le potenzialità per un percorso di sviluppo volto al mantenimento dinamico, che passa attraverso l’innovazione.

 

Un contesto volto all’auto-organizzazione che accoglie gli errori come elementi di crescita e sviluppo, permette alle persone che lo costituiscono di sentirsi abilitate all’azione.

 

L’abilitazione all’azione permette di sperimentare all’interno di un contesto non più paralizzante ma generativo.

 

Nel prossimo e ultimo articolo ti racconto come le persone, in contesti di questo tipo, possono agire le loro capacità e acquisirne di nuove, in un’ottica di lifelong, lifewide e lifedeep learning.

 

Ti lascio il titolo di un paio libri per approfondire:

Al prossimo articolo!

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