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COME POSSONO CAMBIARE LE BANCHE?

Continua l’approfondimento di Peoplerise per favorire un confronto fra attori differenti, allo scopo di trovare nuovi elementi di contatto su come possono cambiare le banche. Dopo l’intervista a Katrin Kaufer del MIT e Oscar di Montigny di Mediolanum, ecco il punto di vista di Marco Piccolo, Responsabile Servizio Strategie e Comunicazione di Banca Etica.

 

marco piccolo banca atica

A CHE PUNTO SIAMO?

“Quando abbiamo creato Banca Etica più di 20 anni fa, abbiamo ascoltato il contesto in cui ci muovevamo, che chiedeva un’attenzione diversa al denaro, come strumento di crescita economica, sociale e umana e non di sopraffazione. E abbiamo dato una risposta a una necessità che oggi, più di allora, è sempre più esplicita: riportare al centro la persona. Ed è importante per noi vedere che, anche soggetti che tempo fa non si ponevano questo problema, ora lo stiano facendo.”

 

DI QUALE CAMBIAMENTO C’È BISOGNO?

“Le banche devono tornare ad essere al servizio delle persone. O recuperano, infatti, una dimensione sociale e valoriale e diventano acceleratori e volano di crescita locale, altrimenti perderanno la partita con le piattaforme digitali, che stanno iniziando a fare attività bancarie e possono fare affidamento su capitali immensi. Il recupero della dimensione relazionale diventa quindi fondamentale. Le banche oggi vivono infatti in uno scenario in cui potrebbero tranquillamente sparire nell’arco di 15 anni. Per smarcarsi da questa posizione, potrebbero quindi proporsi come organizzazioni che non gestiscono solo denaro, ma che lavorano su progettualità che hanno come obiettivo quello di tenere assieme l’interesse del singolo e delle comunità.”

 

QUAL È IL RISCHIO?

“La dimensione tempo è indubbiamente importante, perché stiamo parlando di un cambiamento di processi e non di iniziative. E quindi se da un lato è il lungo periodo quello che permette di radicare i processi, dall’altro va considerato che chi sarà più rapido acquisirà posizioni dominanti. Il problema di questo settore purtroppo è che è caratterizzato da un’assenza di biodiversità, che non è stata coltivata come valore.  E se è vero che ci sono alcuni esempi di banche che stanno cercando di cambiare e distinguersi, bisognerà vedere quanto questa trasformazione andrà in profondità e modificherà la cultura, o in realtà resterà in superficie e rappresenterà solo un artificio.”

 

CHI PUÒ INTERVENIRE?

“Non mi pare sinceramente che la politica sia in grado di contrastare i processi degenerativi della finanza. E questo è preoccupante. Quindi resta un ruolo importante in capo ai singoli. Dobbiamo riprendere in mano il nostro rapporto con il denaro e ragionare in termini di sostenibilità, che si misura nel tempo e nella comunità all’interno del quale le persone crescono. Dobbiamo recupere la relazione con gli altri come elemento fondativo del vivere, ragionando in termini meno individuali. La banca del resto è una comunità di soggetti, persone, clienti, soci, lavoratori, che possono avere interessi diversi ma condividere una visione della società e questa condivisione fa sì che interagiscano, trovino delle soluzioni e facciano delle scelte in cui tutti si possono ritrovare.”

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