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L’ARTE DI CAMBIARE di ADRIAAN BEKMAN

Mi chiamo Flavio Fabiani, ho due ragazzi di 13 e 15 anni, Giorgio e Asia, viviamo a Bassano del Grappa e vorrei raccontarvi com’è nato il progetto di traduzione del libro L’Arte Di Cambiare di Adriaan Bekman, di cui sono stato curatore per Peoplerise.

Amo l’antropologia culturale e quando viaggio cerco di esplorare il più possibile. Il mio ultimo mio vero viaggio risale a 5 anni fa quando ho percorso il nord Africa durante la rivoluzione araba – del quale trovate su blurb una pubblicazione dal nome Autunno Giallo.

Sono un consulente di sviluppo organizzativo e affianco, insieme ai miei colleghi di Peoplerise, quelle aziende che desiderano partire per viaggi non lineari di trasformazione durante i quali i collaboratori dell’azienda, i loro stakeholder e i clienti, co-creano insieme pratiche e processi nuovi.

FLAVIO

Ho lavorato per 10 anni nell’headquarter di una grande corporation giapponese – Toshiba – in qualità di innovation manager dove ho spostato la mia attenzione da un’iniziale focus sul prodotto, a un focus sui processi e infine negli ultimi anni sulle persone. Questo perché ho capito con l’esperienza di lavoro che spostandosi dal Cosa, al Come, al Perché e infine al Chi, il potenziale di innovazione è maggiormente dirompente e resiliente nel tempo.

Lavorare sul Chi in ambito aziendale significa per me ricercare il senso di quello che facciamo sia dal punto di vista organizzativo che dal punto di vista individuale: è lì che accade la magia.

LA STORIA DI QUESTO LIBRO

 

L”Arte di Cambiare – pratiche di leadership orizzontale

La storia di questo libro è la storia di un incontro. Tutto è partito nel 2003, mi trovavo in Germania e mia figlia Asia, che ha ispirato la copertina del libro disegnando la figura organica che vedete, giocava con una bambina coetanea di nome Lilian. Attraverso questa famiglia io e mia moglie abbiamo conosciuto una pedagogia che non conoscevamo, la pedagogia Waldorf-Steiner.

Due anni dopo, rientrando in Italia, abbiamo scoperto che vicino a casa c’era una scuola steineriana e abbiamo iscritto nostra figlia prima e nostro figlio dopo.

Intanto la mia attività di innovation manager continuava indirizzandosi sempre di più verso le persone. Mi sono appassionato di una branca dell’innovation management che si chiama Co-creation design e ho costruito una piccola attività accademica e di ricerca, oltre che di azione, attraverso i progetti. Un esempio è una iniziativa che per 3 anni ha messo insieme alcune fra le migliori scuole di cinema per produrre video virali divertenti che parlassero di tecnologia, dove studenti di diverse nazionalità co-creavano su una piattaforma tecnologica.

A un certo punto sono imbattuto nel lavoro di un gruppo di consulenti olandesi che applicavano l’antropologia steineriana allo sviluppo organizzativo e parlavano di co-creazione da un punto di vista umano e non di piattaforme tecnologiche. La società dove lavoravano da più di 40 anni. formata da un gruppo di consulenti, si chiamava NPI e faceva capo ai lavori di Bernard Lievegoed, uno psichiatra agronomo.

ADRIAAN BEKMAN

 

Quello che stavo vivendo con la crescita dei miei figli e nello sviluppo professionale si è unito in quel momento. Adriaan Bekman è stato direttore di NPI per molti anni. L’ho conosciuto grazie al master IMO in leadership orizzontale frequentato a Roma 4 anni fa. Durante quel master è nata l’idea di tradurre questo libro che era il testo di riferimento per i consulenti che facevano quel percorso di formazione-azione.

L’approccio della leadership orizzontale e la metodologia dell’evidenza sono state sviluppate da Adriaan sulla base del lavoro di Lievegoed. Lievegoed è stato anche l’ispiratore di un altro importante approccio alla trasformazione sociale che prende il nome di Teoria U, sviluppato a Boston dal tedesco Otto Scharmer e portato in Italia nel 2013, con un libro tradotto da me e da altri colleghi che si intitola Leadership dal Futuro che emerge.

Le correnti alla base del lavoro di Adriaan sono l’action research, il costruttivismo, le teorie del caos e dello sviluppo dell’uomo e si propone come un metodo di ricerca per sostenere processi di sviluppo socio-organizzativo.

LA METODOLOGIA DELL’EVIDENZA

 

La metodologia considera che la realtà sociale si esprime in “evidenze”, che si manifestano in “domande sociali”; sta a noi iniziare a comprenderne il linguaggio per poter esplorare in maniera consapevole le complessità che vi si celano. A tal fine, vengono presi in considerazioni elementi delle scienze naturali, caratterizzati da dati, fatti, numeri, delle scienze umanistiche, come anche elementi narrativi, immaginativi e delle scienze sociali, ossia realtà legate alle interrelazioni tra individui e gruppi.

La realtà sociale viene considerata come una realtà interattiva, dove non esistono verità assolute (come invece accade per la realtà naturale, dominata da leggi non create dall’uomo). Essa è in continuo sviluppo e si esprime nel contesto della relazione tra l’“io” e la “comunità”: da un lato si ha il dominio del mondo interiore dell’individuo e dall’altro il dominio della realtà sociale.

Bekman sostiene inoltre che la realtà organizzata, a differenza di quella naturale, è totalmente creata dall’uomo.

Mentre la realtà naturale viene indagata con le metodologie sviluppate dalle scienze naturali, per la realtà sociale ci si deve rifare alle leggi che noi stessi usiamo nel crearla. La metodologia dell’evidenza propone un’osservazione che integra varie componenti, al fine di orientare e realizzare un cambiamento, che si manifesterà in un nuovo rapporto “io” e  “comunità”. L’integrazione di questi aspetti e la rivalutazione dell’individuo come persona responsabile e consapevole nel processo di creazione della realtà è un elemento peculiare dell’approccio metodologico proposto.

LA DOMANDA DI SVILUPPO

 

Consideriamo, per esempio, quando qualcuno in una certa realtà organizzata esprime una domanda di cambiamento, la quale si traduce in frizioni, conflitti; tale domanda viene espressa in parole rispetto al contesto di riferimento e questo è l’inizio di un processo di sviluppo.

Quando un individuo si prende la responsabilità di gestire la domanda e inizia un processo di cambiamento e innovazione, si può utilizzare la metodologia dell’evidenza; egli diventa proprietario di processo. La domanda inizia a essere indagata: chi è collegato a tale domanda? È già emersa tale domanda nella biografia dell’organizzazione? Come vive tale domanda nella percezione delle persone coinvolte? Quanto tempo fa si era già manifestata tale domanda e cosa ci aspettiamo diventi nel futuro?

PRESA DI DECISIONI

 

Il proprietario di processo ricerca le persone che possono dire qualche cosa circa tale domanda e raccoglie storie, riflessioni, memorie documentate, interpretazioni, giudizi; quanto seriamente e profondamente le persone sono state coinvolte dal problema, che tensioni ne sono derivate. Ricerca anche i fatti e dati che possano supportare o contraddire le storie raccolte. Attraverso l’osservazione concreta e l’analisi del materiale, inizia a prendere corpo il quadro della questione. Si passa poi a una verifica empirica di come le persone vedono la stessa e la hanno vista in passato e diventa chiaro se la cosa è rilevante per la comunità nelle interazioni ed esperienze delle persone coinvolte. A questo punto la domanda può portare a delle azioni e iniziative per identificare gli interventi necessari per cambiare la situazione. Inizia quindi un processo di presa di coscienza e di presa di decisioni.

PERCORSO DI APPRENDIMENTO

 

Per sperimentare la metodologia dell’evidenza si attua il seguente percorso, che è anche un percorso di apprendimento.

Tale percorso prevede tre passaggi:

  1. Esplorare la realtà sociale tramite la domanda;
  2. Esplorare i processi di lavoro collegandovi la domanda;
  3. Esplorare le “guide nascoste” connesse al mondo interiore delle persone che hanno dato vita alla domanda.

Se vuoi scoprire di più ecco il link per acquistare il libro:

http://guerini.it/index.php/l-arte-di-cambiare.html

 

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